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I
primitivi abitanti dei bassi fondali lagunari praticando la pesca
per trarne nutrimento e farne merce di scambio, mediante costanti
osservazioni, vennero a conoscenza della legge ittiologica che è
alla base dell'attuale vallicoltura.
Fin
da tempi remoti era stato osservato un processo costante della
natura che si verificava in tutte le lagune, nei bassi fondali e
nelle foci dei fiumi per cui in certi mesi dell'anno alcune specie
di pesci allo stato neonato (anguilline di montata, cefaletti,
oratelle, branzini) entrano (montata) attraverso le bocche di
porto in laguna, trovano in essa il loro pascolo ottimale e si
accrescono.
In
altri periodi escono (calata) dalla laguna o per riprodursi, o per
sfuggire alle gelate invernali, o ad un'acqua troppo calda
d'estate.
La
possibilità di approfittare di tali spostamenti periodici ha
portato all'elaborazione di sofisticati sistemi
di cattura e, in seguito, alla recinzione di vasti tratti
salmastri nei quali il pesce restava intrappolato al momento della
discesa al mare.
Le
peschiere, anticamente
costituite da labirinti di canne, sono sistemi che risalgono ad
epoche antiche, le usavano i Romani, che ne vennero a conoscenza
tramite gli Etruschi, che a loro volta le ebbero dai Fenici.
Plinio
e Varrone narrano che Lucullo nutriva triglie e murene e che
fece perforare un monte perchè le sue peschiere fossero in
comunicazione con il mare e potessero avere dal mare la
montata.
Ricerche
svolte hanno portato a concludere che nei vari stagni e lagune del
Mediterraneo le tecniche di allevamento e di pesca sono simili: le
Bordigues degli stagni della Corsica,
le Encasinadas dell'Albufera di Spagna, le Bramade
dell'Arcipelago Greco, i Lavorieri delle valli di Comacchio e
della laguna di Venezia, i Bondanoni e le Cannare di Orbetello, le
Giostre degli stagni della Sardegna.
La
denominazione originale deriva dal latino valium,
palizzata, ostacolo,
barriera, recinzione in quanto, fin da epoche remote, gli
abitanti della laguna usavano circondare le aree lagunari
meno profonde, realizzando recinti di canne e modeste
arginature al fine di collegare tra loro barene successive.
La
"valle" è dunque in origine una trappola per il
pesce, basata sull'invenzione
del "lavoriero", a sua volta un'elaborazione della
semplice nassa o cogollo.
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Nel
514 d.C. Cassiodoro, di passaggio nelle zone lagunari tra Ravenna
e Aquileia, narra che si incontrano numerose "piscinae
neptuniae" valli da pesca nelle quali si sviluppano le
ostriche.
Una
leggenda narra che dove è ora
Venezia ci fossero valli per caccia e pesca, infatti San Marco
Evangelista sorpreso dalla burrasca in laguna si salvò perchè
riuscì a legare la barca ad uno dei pali che sostenevano le
grisiole della Valle di Zuone Bono situata in prossimità di Rivo
Alto.
Scavi
effettuati in terreni attualmente di terraferma che costituivano
anticamente delle paludi hanno portato alla luce ruderi preromani
e romani con tracce di pali fitti come si usava fino alla metà
del '900 per costruire le cogolere e i lavorieri delle
valli da pesca.
Solo
dopo l'anno mille troviamo documenti che indicano con certezza che
nelle paludi di Grado si attuasse la coltivazione del pesce e dopo
il 1400 se ne trovano altri sulle paludi Caprulane (di Caorle).
L'arte
di predisporre trappole sulle vie di passo portò all'emanazione di
alcuni proclami e decreti, risalenti al 1173 e 1224, in cui si davano disposizioni che
riguardavano l'allontanamento di tutti quegli
"ordigni e strumenti" che potevano danneggiare la laguna
o provocare la distruzione degli animali acquatici immaturi e, dal
XII secolo in poi, si riscontrano ordinanze e decreti molto severi
relativi al buon governo delle acque.
Nel
1501 venne istituito un apposito Magistrato alle Acque che, in
alcune occasioni, ascoltava l'opinione di "sensati et vechi et
pratici pescadori"; nel 1536 ne vennero eletti otto di cui
due di Chioggia e due di San Nicolò.
Nel
1535 vi erano in laguna 61 valli, alcune furono poi abolite perchè
poste in prossimità delle bocche di porto e si temeva che
potessero impedire la libera circolazione delle acque di marea.
Nel
1641 la Serenissima vietò gli impianti di pesca che disturbavano
l'equilibrio lagunare (oggi i pescatori di vongole imperversano
con le turbosoffianti, macchine che aspirano il fondo della
laguna).
Nel
1725 impedì le arginature permanenti delle valli da pesca, che
nell'800 vennero invece recintate per allevare i pesci impedendo
così il deflusso regolare delle acque.
La
Serenissima proibiva gli interramenti, ma nel '900 i suoi eredi si
inventarono le casse di colmata, gigantesche isole dove far
sorgere le zone industriali di Porto Marghera; non solo,
pretendeva che i "burchieri da rovinassi", i barcaioli
che trasportavano fango estratto dai canali, macerie ed
immondizie, dipingessero le loro imbarcazioni di rosso, giallo,
verde e azzurro, a seconda dei materiali che trasportavano così
da poterli controllare anche da lontano ed essere certi che
caricassero e scaricassero solo nei luoghi scelti dal Magistrato
alle Acque, il giudice inventato da Venezia proprio per vigilare
sull'equilibrio delle sue mura e sulle acque che la circondano e
che l'hanno protetta per più di mille anni.
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L'area
occupata dalla cassa di colmata A prima e dopo
l'interrimento |
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